Pratica, praticare, praticantato
La voce ai giovani
Ecco il pensiero di un giovane. Tutti diciamo con la bocca “largo ai giovani” e poi ci teniamo arroccati sulle nostre posizioni. Da queste incongruenze vengono fuori pensieri.
Pensieri come massi scagliati dalla montagna. Un precariato temporaneo creato dagli adulti a discapito dei giovani. Giovani che si arrampicano fin sugli specchi per rimanere in un mercato sempre più difficile. Buona lettura. Ma pensate per un attimo che potreste esserci voi a combattere nella grande trincea del mercato del non-lavoro.
Pratica, praticare, praticantato
Quando si è giovanissimi, nella post-adolescenza comunque, inizia a serpeggiare nella testa la voglia di essere indipendenti, di distaccarsi dai propri genitori, di avere autonomia economica, per potersi creare un futuro con le proprie forze; io, fino ai 20 anni, non hai mai sentito questa necessità.
Il mio obiettivo è sempre stato, e continua a essere, quello di procedere per tappe; prima le elementari, poi le medie, poi smisi di giocare a basket per la scuola, poi le superiori, poi iniziai a frequentare il gruppo dei Salesiani e a fare le prime attività di volontariato, che con gli anni diventarono una costante, fino a giungere ai 20 anni.
A 20 anni mi voltai indietro e, cosa vidi?
Vidi zero lavoro pagato, ma tantissime esperienze di volontariato, coi bambini e i ragazzi di 12-13 anni, con i poveri alla Caritas, con gli anziani soli della casa di riposo, con il non vedente che vuole imparare l’inglese, con il Banco Alimentare al Supermercato, con i ragazzi più grandi nell’animazione di strada, con i progetti inclusivi della Regione.
A 20 anni guardai davanti e, cosa vedetti?
Vedetti la consapevolezza di partire da zero, cominciare l’università, farla bene e in tempo, avere le prime esperienze lavorative l’estate. Così arrivarono i campi estivi nella campagna pisana, i famosi “Campi Solari”, il periodo da supporto nell’Amministrazione Universitaria, le ripetizioni di tutte le materie e di tutte le lingue. E poi?
Poi arrivai a 23 Anni, con un bagaglio universitario ed esperienziale consistente, ma che ancora non bastava. E allora andai a Urbino, con la speranza di cogliere una laurea magistrale che servisse a qualcosa e invece, dopo pochi mesi di nuovo Toscana.
Quello fu il bivio; che fare?
Lavorare
E piano piano iniziai a lavorare, tirocinio, co.co.pro., tirocinio, consulenza occasionale, tirocinio, prestazione occasionale e…contratto!
Adesso, 26 anni e mezzo, ho il contratto! E con questo?
La parola d’ordine nella mia vita è “martellamento”, che deriva dal mio cognome. Martellare, essere determinato, darsi da fare, non mollare mai, non mollare un’istante giammai come dicono in città, crederci!
Fino ad adesso ho martellato. Sono convinto che martellerò ancora per tanto, perché senza il martellamento, non riuscirò a costruire la vita dignitosa a cui ambisco!